The Stooges – tranquilli ragazzi di Detroit

Fino a qui il 1969 si è rivelato un intrigo fitto e complesso di collegamenti, cambiamenti, movimenti, di stili diversi, correnti artistiche le più disparate, rivendicazioni sociali, personaggi iconici e avvenimenti incredibili. Siamo passati dalle tavolozze eteree di Nick Drake, alle visioni di Miles Davis, dalla carica esplosiva dei Led Zeppelin al groove di James Brown. A questo punto ci troviamo di fronte a dei veri e propri outsider: gli Stooges. Con un punk embrionale, ma già sudicio e carico di tutte le nefandezze che verranno, il primo gruppo di Iggy Pop e il suo omonimo album d'esordio, erano nettamente in anticipo sui tempi.

Nonostante questo in ambito artistico è molto difficile sfuggire alle proprie provenienze e porsi completamente fuori da un flusso in costante cambiamento. A ben guardare nemmeno gli Stooges ce l'hanno fatta e lungo l'album sono evidenti alcuni riferimenti: troviamo esasperata la rabbia del vecchio blues, troviamo le ritmiche più selvagge del rock & roll di Elvis e in brani come Ann o We will fall è chiara l'influenza che i Doors e la scena psichedelica ebbero sugli inizi della band. L'andamento lento del tempo, il suono liquido e cangiante della chitarra, la voce al limite della stonatura: una finta staticità.

Quello che per allora venne considerato un agglomerato discontinuo, noioso, infantile, senza immaginazione, è stato in realtà il momento magico in cui si è piantato il seme del punk. Generazioni successive di musicisti e lo stesso Iggy Pop devono agli Stooges quella follia spudorata che non tanti anni dopo sarebbe dilagata senza controllo negli undergound angloamericani. Dopo decenni di storia del rock, siamo ben abituati a Iggy che sul palco si taglia il petto con una lametta, si contorce come un ossesso, tira fuori i genitali, si cosparge il corpo di sostanze varie o che si tuffa sul pubblico. Tutto questo è stato talmente imitato, idealizzato e reiterato da essere diventato sinonimo stesso di punk, tanto che ormai, non stupisce nemmeno più così tanto. Esaurita la loro sincera rabbia iniziale, quei gesti hanno perso un po' di mordente e di senso, ma per il 1969 erano inauditi.

Oggi vi proponiamo proprio quel lato dell'album, quello cattivo, un po' criminale, il pezzo durante il quale Iggy si sarebbe denudato e tagliato; la batteria che cavalca, la chitarra subito dietro e un magma di pessime intenzioni nel quale comunque trova lo spazio un verso rubato ad un vecchio blues di Bo Diddley

Last Year I was 21 I didn't have a lot of fun

(l'anno scorso avevo 21 anni e non mi divertivo molto.)

Noi invece ci stiamo divertendo. Molto!

 

G.