Led Zeppelin - Grazie

Thank You – Led Zeppelin II

 

Ci sono brani, ci piaccia o no, che per motivi inspiegabili si infilano in testa e non se ne vanno più. Se la poesia dei testi ci fa innamorare di Bob Dylan, se il ritmo isterico ci fa impazzire per Sly Stone, se con Nina Simone veniamo travolti dallo scorrere amaro e penoso della vita, ecco che a contatto con alcune canzoni veniamo invasi da un riff elementare, talvolta di una semplicità disarmante, ma così carico di energia e significato da non riuscire più a liberarcene. In Led Zeppelin II, proprio con il primo brano, ci troviamo di fronte ad uno dei riff più famosi della storia, del rock e non solo: Whole Lotta Love. Insieme a Satisfaction dei Rolling Stones e Smoke On The Water dei Deep Purple è uno di quei passaggi talmente iconici da venire riconosciuto da tutti, rockettari o no, conoscitori degli Zeppelin o no. Whole Lotta Love apre in maniera prorompente il secondo album del gruppo, che nelle modalità e nelle intenzioni suona immediatamente come un’inevitabile prosecuzione del primo: il trattamento insolente del blues, i riff che fanno da fondamenta insieme ad un monolitico portamento ritmico, l’ingordigia dei testi e dei volumi, l'inavvicinabile voce di Robert Plant spinta ancora un passo oltre, la vitalità spesso arrogante degli assoli e la volontà ferrea di non piegare la musica a regole e compromessi.

Durante le pause del tour del 1969 – intervalli a volte di appena un paio d’ore – i brani per Led Zeppelin II furono scritti e registrati con urgenza ed energia, sulla scia della grinta residua del disco d'esordio, pietra miliare e trampolino di lancio per un nuovo, irreversibile modo di fare rock. In questo mare furioso non sembra avanzare molto spazio per versi sussurrati con delicatezza, e d’altra parte nessuno mai richiamerebbe alla memoria gli Zeppelin per le loro parole cortesi e i toni che accompagnano il tramonto sfumando, non sono cose che li riguardano.

Ne siamo proprio sicuri?

Thank You, il quarto brano dell’album, si apre sulle note della chitarra ingentilita di Jimmy Page, seguita dalle tastiere di John Paul Jones e dalla voce di Robert Plant che quasi bisbiglia:

 

If the sun refused to shine

I would still be loving you

When mountains crumble to the sea

There will still be you and me

 

Se il sole si rifiutasse di splendere

Io continuerei ad amarti

Quando le montagne crolleranno nel mare

Io e te ci saremo ancora

 

Delicata e fugace, Thank You riesce a ritagliarsi un piccolo ma prezioso spazio all’interno dell’album, rivelandosi come una perla splendida e inconsueta, più unica che rara, rispetto alla cattiveria a cui la band ci aveva abituati sin dall’esordio e che porterà avanti nell’ancor più plastico Led Zeppelin III, di cui Thank You sembra presagire la maturità e la completa padronanza degli equilibri, che nel 1971 sfoceranno infine senza contegno in Led Zeppelin IV, una bomba a orologeria senza eguali.

 

Si chiude così il cerchio dei Led Zeppelin e insieme ad esso si chiude anche quello di Confine 69: dal primo articolo che abbiamo pubblicato a cinquant’anni esatti dall’album Led Zeppelin, datato gennaio 1969, fino a quest’ultimo dedicato a Led Zeppelin II, dopo mezzo secolo esatto dalla sua comparsa sugli scaffali, nell’ottobre del 1969.

 

Ogni giovedì, per trentotto settimane, ci siamo divertiti a raccontare la musica che ci piace, mettendo in gioco l’amore per tutto ciò che la puntina di un giradischi riesce a muovere, oggi come cinquant’anni fa.

«Sai che nel 2019 un sacco di dischi bellissimi compiranno cinquant'anni?»

«Sì! Sarebbe fighissimo se qualcuno scrivesse...»

«Beh, perché non lo facciamo noi due?»

Un altro “sarebbe fighissimo se...” sta già bollendo in pentola, rimanete sintonizzati!

 

Buon ascolto e grazie a tutti.

 

Caterina e Giacomo